
Un vitigno come storia...

In questa pagina vorrei introdurvi la "storia" di alcuni dei vitigni più famosi e coltivati. Una conoscenza utile, per farvi entrare sempre di più in questo appassionante mondo enoico. Sono storie volutamente abbastanza brevi e concise, anche perchè su questi vitigni ci sarebbe veramente molto da scrivere e da raccontare.

Lambrusco

Non potevo non iniziare dal vitigno più importante del nostro territorio, anzi da una famiglia di vitigni, perchè il Lambrusco non è propriamente un vitigno solo. Sebbene di origine antichissima, il Lambrusco ha sempre stentato ad essere ben conosciuto ed apprezzato fuori dalla sua zona di produzione, cioè nelle province di Reggio Emilia e di Modena. Vino dalla spuma vivace con sentore di violetta. I Romani chiamavano le viti selvatiche che crescevano ai margini (labrum) dei campi coltivati (bruscum) labrusca vitis. Con il tempo il nome diventò Lambrusco e l'appellativo si riferisce a una famiglia di viti, coltivate soprattutto nell'Italia del nord. Le più importanti di queste viti, in termini di produzione di vino, sono il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Salamino (così chiamato perché si dice che i suoi grappoli assomiglino a dei salami) e il Lambrusco Grasparossa (così chiamato per il suo graspo rosso). Dei tre, il Lambrusco di Sorbara produce il vino più leggero e gustoso, con dolci sfumature di succo di lampone. Nel naso c'è chi scopre le viole e, sul palato, aromi di fragole e ciliegie. Il vino fatto con il 100% di Lambrusco Salamino ha un colore scuro, quasi un porpora opaco con una vivace schiuma viola, aromi di frutta selvatica e corpo medio. Il Lambrusco Grasparossa è rubino, con schiuma color ciliegia. I suoi aromi sono più ampi e i meno precisi dei tre. Si possono fare vini con ciascuno di questi tre vitigni presi da soli oppure mescolandoli con altre sottovarietà del Lambrusco, come l'Ancellotta, il Lambrusco Marani, il Lambrusco Maestri e il Lambrusco Ruberti. Andrea Bacci (1524-1600), archiatra di papa Sisto V e autore di uno dei trattati più importanti sui vini italiani ed europei, il De Naturali Vinorum Historia, è stato veramente il primo a notare le differenze presenti nelle zone di produzione del Lambrusco. Egli afferma: "Sulle colline di fronte alla città di Modena vengono coltivate delle viti di Lambrusco, i cui grappoli bianchi e rossi producono vini speziati e fragranti, che fanno una schiuma deliziosa quando vengono versati nel bicchiere". Le vigne della provincia di Modena tuttora continuano a produrre i vini più pregiati. Tra questi la doc Lambrusco di Sorbara. Il vino, composto con un minimo del 60% di Sorbara e un massimo di 40% di Salamino, è di pronta beva. Il Lambrusco di Grasparossa di Castelvetro (fatto con un minimo dell'85% del vitigno omonimo) è il più fortemente aromatico e concentrato. Il Lambrusco Salamino di Santa Croce (fatto con un minimo del 90% del vitigno omonimo) può invece tenere fino a cinque anni grazie alla sua struttura. Tutti questi vini vengono prodotti nelle versioni rossa e rosé. La doc Reggiano Lambrusco si trova in provincia di Reggio Emilia e tutela tutte le varietà di vini che si possono ottenere dai vari vitigni di Lambrusco: bianchi spumanti, rossi e rosé. In Lombardia si produce il Mantovano Lambrusco doc. Si tratta di un vino leggero e fruttato, sia rosso che rosé, fatto con varie sottovarietà di Lambrusco. Il Lambrusco tradizionale era un vino del tutto secco, la cui spuma veniva prodotta con una seconda fermentazione in bottiglia, proprio come per lo Champagne. I progressi tecnologici degli anni '60 hanno radicalmente cambiato il modello del Lambrusco. Con l'introduzione del metodo Charmat per i produttori divenne possibile aumentare drasticamente la quantità e rendere il vino dolce. È stato questo il modello, prodotto a livelli industriali, che, alla fine degli anni '70 e nei primi anni '80, ha letteralmente invaso gli Stati Uniti, dove è stato promosso come una specie di Coca Cola italiana. All'apice del suo maggiore successo, il Lambrusco rappresentava circa il 50% dei vini italiani importati negli Stati Uniti. Il rappresentante di un'importante società vinicola di Modena mi ha detto: "Negli anni '80 per noi in America contavano solo gli affari: qualsiasi cosa frizzante con il nome di Lambrusco sull'etichetta vendeva da matti. Il Lambrusco non veniva più ritenuto un vino, ma una specie di bibita". Ma, negli anni '90, gli amanti del vino divennero più attenti e si diedero come motto: "Meno, ma meglio". E "meglio", nel caso del Lambrusco, significò fresco e fruttato piuttosto che dolce; una struttura ben definita piuttosto che l'inconsistenza amorfa di una bevanda di massa. I produttori dell'Emilia Romagna, negli ultimi anni, hanno ammesso che era necessario tornare alle radici producendo vini più secchi e meglio strutturati. Questi vini sono ottimi e ideali da pasto. Disgraziatamente, la maggior parte dei Lambrusco migliori non vengono ancora esportati. Vale tuttavia la pena di andarli a scovare.

Sangiovese

Il Sangiovese è un vitigno molto diffuso in Italia, il più diffuso insieme al Barbera, con l'11 per cento delle superfici vitate di vitigni rossi. Il pregiato Sangiovese Grosso viene coltivato a macchia di leopardo nelle zone qualitativamente migliore per produrre i grandi Brunello, Chianti e Vini Nobili, o quelli che generalmente vengono indicati come i Supertuscans. Il Sangiovese Piccolo, molto più diffuso, viene coltivato invece un po ovunque nell'Italia centro-meridionale, grazie anche alla notorietà che il vitigno gode, oltre naturalmente alla sua qualità anche se inferiore a quella del Grosso. Lo si trova un po' ovunque tra la Campania e la Puglia fino alla Sicilia. Presente naturalmente con buone estensioni in Umbria, nella Marche, nel Lazio e negli Abruzzi. Il Sangiovese in Italia è come il Cabernet francese nella nazione d'Oltralpe, onnipresente. Ma la sua diffusione arriva anche in Sardegna, in Lombardia e in Valpolicella.
L'Emilia Romagna è la seconda regione per estensione vitata di Sangiovese, anche se come detto quest'ultimo presenta delle differenze abbastanza sostanziali con quello toscano. Naturalmente la notorietà dei Supertuscans e e l'emigrazione italiana in quasi ogni angolo del pianeta hanno portato il Sangiovese anche all'estero. La California sembra essersi innamorata del Sangiovese negli anni 90 del novecento, quando ha iniziato a coltivarlo, anche se con risultati alterni, nella Napa Valley, dedicandogli ampie superfici. Lo si trova in misura minore anche nella Sonoma County, a San Luis Obispo e Sierra Foothills. Nel sud America invece è l'Argentina della grande immigrazione italiana a fare la parte del leone, specialmente nella famosa zona di Mendoza, con vini che comunque poco somigliano ai Supertuscans.
Come anticipato sopra il Sangiovese viene classificato in diverse varietà per grandezza del grappolo e degli acini tra cui le due più importanti sono il Sangiovese Grosso e il Sangiovese Piccolo, con il primo utilizzato in quasi tutte le produzioni importanti, più vigoroso, produttivo e qualitativamente superiore.
Il Sangiovese è vigoroso ma difficile da coltivare perché, anche se si adatta bene a diversi climi, ha un certa sofferenza per quelli freddi ed umidi. Anche dal punto di vista del terreno non ha particolari esigenze ma sembra che preferisca quelli poco fertili e calcarei, dove fornisce i risultati migliori, con temperature calde e ambienti secchi. Il germogliamento avviene in epoca media, con maturazione tardiva. È sensibile alla clorosi, e soffre di eccessiva acidità se maturato troppo a lungo.
Come forme di allevamento si possono usare diverse soluzioni, così come per la potatura che può essere sia corta che lunga, purché arieggi i grappoli che potrebbero soffrire di patologie dovute alle crittogame. È infatti particolarmente sensibile alla Botrite e al marciume a causa delle sottili bucce. Altro problema può essere rappresentato da una certa sofferenza, anche se non eccessiva, all'oidio. Inoltre sopporta bene la meccanizzazione in tutte le fasi vegetative fino alla vendemmia.
La produzione fornisce alte e costanti rese, che devono essere tenute sotto controllo per non favorire un'eccessiva acidità che abbasserebbe la qualità dei vini.
Generalmente il Sangiovese presenta grappoli di medie dimensioni, molto allungato e di forma conica. Gli acini del tipo Grosso sono di dimensioni medio-grandi, mentre quello del Piccolo ha dimensioni chiaramente piccole, entrambi . La buccia ha altissime concentrazioni di pruina, con colori viola tendenti al nero. L'altra grande famiglia del Sangiovese è quella del Sangiovese di Romagna, coltivata nella regione limitrofa con buoni risultati ma non certamente paragonabili a quelli ottenuti in Toscana. Qui trova molte superfici vitate, paragonabili a quelle del diffusissimo Lambrusco, un simbolo dell'Emilia-Romagna. Questo Sangiovese è abbastanza diverso da quello toscano, ed è coltivato soprattutto per elaborare vini semplici, da tavola e per il consumo quotidiano anche se nell'ultimo decennio c'è stata una spinta a migliorarlo per arrivare a qualità superiori.
Esistono comunque numerose varianti e cloni, soprattutto perché come il Pinot Noir il Sangiovese tende a mutare spontaneamente, come ad esempio in Sardegna dove è conosciuto con il nome di Nielluccio.
Il Sangiovese nella sua tipologia Grosso concorre a produrre quelli che sono considerati tra i migliori vini rossi italiani e mondiali, insieme al Nebbiolo piemontese. I grandi Supertuscans hanno raggiunto la notorietà che meritano da molto tempo. Il Sangiovese viene vinificato sia in purezza che in assemblaggio, spesso con il Cabernet Sauvignon in Toscana o con le uve autoctone meridionali nelle regioni del sud. Nel Brunello viene utilizzato in purezza, come da disciplinare, mentre è alla base del Chianti e del Vino Nobile di Montepulciano in Toscana, oltre che essere alla base di numerosi altri ottimi vini come il Morellino. In Umbria fornisce la base nel pregevole Torgiano e nel Montefalco, mentre nelle Marche è parte essenziale del Rosso Piceno e del Rosso Conero. Nel Vino Nobile il Sangiovese muta nel Prugnolo Gentile, ma si tratta dello stesso vitigno.
Il Sangiovese fornisce ottimi vini dotati di tannicità e acidità, di grande invecchiamento quindi. I vini hanno gamma olfattiva molto complessa, che comprende tutta la successione degli aromi, dai primari ai terziari. Si riconoscono in particolare la prugna e il cuoio, la viola e profumi animali marcati in piena maturità. I vini sono molto ricchi, scuriscono presto e nelle annate fredde rivelano tannini più accentuati, quasi ruvidi, mentre in quelle troppo calde è l'acidità a presentarsi con forza. In questi anni generalmente si realizzano vini dal grande invecchiamento. Nel Chianti, con la prima autorizzazione per il Carmignano, negli ultimi due decenni si è iniziato il taglio con il 10 per cento di Cabernet Sauvignon, che regala colori profondi e ulteriori aromi vegetali arricchendo il vino già opulento. In Romagna invece il Sangiovese, mutato e diverso, non riesce a fornire la stessa qualità, dando luogo a vini leggeri, poco acidi ma secchi, con colori nettamente più chiari e sapori più semplici. I vini sono da bere giovani in quanto non riescono ad invecchiare e un loro affinamento appare inutile quanto dispendioso.
Tornando ai grandi Supertuscans, qui i colori sono ricchi e belli, vanno dal rubino più splendido al granato dei grandi invecchiati, che tendono ad assumere anche riflessi aranciati nei prodotti migliori e più vecchi. I temi floreali e fruttati sono caratteristici del vitigno, che offre anche spunti di more e amarene, e mirtilli e lamponi, raramente fragole, con belle sfumature anche di rose. Vengono quasi tutti affinati in legno e quando invecchiati prendono belle speziature di liquirizia e vaniglia mentre i sapori fruttati si vestono di confetture accompagnate dalla cioccolata. Naturalmente vi è anche la presenza dei grandi profumi terziari di torrefazione, con caffè e sapori tostati. Chiaramente si arriva alla presenza dei caratteristici odori animali di cuoio e pelle, ma anche i vegetali caratteristici del sottobosco, come funghi raffinati, fieno, tabacco, toccati da balsamicità del mentolo e dell'eucalipto e dalle erbe aromatiche quali timo e menta. Ogni produttore si esibisce in grandi vini che avranno più o meno la presenza di alcuni o della maggior parte di questi aromi.

Chardonnay

Lo Chardonnay è un vitigno di origine francese, originario della Borgogna, da dove vengono i suoi vini più pregiati e famosi, e da qui si è poi diffuso fino a diventare uno dei più vitigni a bacca bianca più coltivati al mondo. Attualmente con lo Chardonnay si producono grandi vini nei luoghi più disparati del pianeta: Nuova Zelanda, Israele, Australia, California, Cile, Argentina e non da ultima l'Italia. Lo Chardonnay è così popolare che non ha praticamente sinonimi (tranne Morillon in Stiria, Austria). L'incredibile varietà di componenti aromatiche che lo Chardonnay dona ai vini emerge in modi diversi a seconda dei terreni e dei climi dove viene coltivato, rendendo quindi la degustazione dei suoi vini un'esperienza sempre nuova. Lo Chardonnay riesce a produrre vini di buona qualità anche se coltivato con rese relativamente alte, ed a basse rese si ottengono vini di grandissima caratura. Per sottolinearne solo un paio, diciamo lo Champagne ed i vini Franciacorta.
La precoce germogliatura dello Chardonnay lo mette a rischio di gelate primaverili, mentre la buccia sottile degli acini può favorire il marciume. E' dunque fondamentale scegliere il giusto momento per la vendemmia anche perchè, se troppo avanzata, le uve rischiano di dare vini con livello di acidità troppo basso. Lo Chardonnay rientra nell'uvaggio dei migliori spumanti metodo classico del mondo, ed è inoltre dotato di grandi capacità di invecchiamento. L'Italia vanta una lunga tradizione per la coltivazione dello Chardonnay, specie nella fascia subalpina. Oggi viene prodotto in quasi tutta la nazione e si possono trovare ottimi Chardonnay in Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Trentino, Valle d'Aosta, Toscana e Sicilia. Oltre agli spumanti metodo classico, dalle uve di Chardonnay si possono ottenere vini fermi dalla gradazione alcolica alta e dall'acidità piuttosto elevata. Il colore del vino da Chardonnay è giallo paglierino non particolarmente carico, il suo profumo è caratteristico, delicato e fruttato (frutta tropicale, ananas in particolare), e il suo sapore elegante e armonico. I vini da Chardonnay hanno buona predisposizione alla vinificazione e maturazione in legno (barriques), con la quale assumono note di frutta secca.

Glera

Nome completo Glera Lunga, è un vitigno autoctono a bacca bianca, semi-aromatico, base per la produzione del Prosecco. A partire dal 2009 il termine Glera fa riferimento al solo vitigno, riservando al vino che ne viene prodotto la denominazione di Prosecco.
Origini incerte per un vitigno già coltivato in epoca romana. Una prima ipotesi lo vede originario di Prosecco, un piccolo comune del Carso triestino, da dove si sarebbe poi spostato nella Marca Trevigiana per spingersi fino ai Colli Euganei; la seconda considera il percorso opposto, a partire dai Colli Euganei, si diffonde gradualmente verso la Slovenia. Il melaromatico Prosecco cantato da Aureliano Acanti nel 1754 si può considerare la prima prova documentata della presenza veneta di questo vitigno, mentre nel 1772 Francesco Maria Malvolti sul Giornale d'Italia ne scrive come una delle migliori uve da vino.
La coltivazione si è estesa negli ultimi anni anche al Friuli Venezia Giulia, ma la terra d'elezione rimane il Trevigiano e in particolar modo il complesso sistema collinare che si estende tra Conegliano e Valdobbiadene e più recentemente Asolo.
Uva da spumantizzazione per eccellenza, è la base del Prosecco Doc e Docg che, oltre ad essere uno degli spumanti italiani più conosciuti, è anche uno dei prodotti enologici più venduti al mondo.
Si esprime in modo differente a seconda delle condizioni climatiche e delle tipologie di terreno. Nell'area collinare del Valdobbiadene a prevalere sono le note floreali e quelle fruttate; i sentori agrumati e la mela verde sono tipici della media collina; gli agrumi associati agli aromi tropicali si ritrovano nell'area a sud di Vittorio Veneto. Per quanto riguarda la pianura, il floreale e il fruttato fresco sono tipici delle zone con suoli sassosi e sciolti. Interessante è poi la variante Cartizze; questo vino è ottenuto all'interno dell'area DOCG, dove il Prosecco diventa Superiore, e dove si trova la prestigiosa collina del Cartizze. Questa zona, a forma di Pentagono, si distingue da tutte le altre colline grazie alla presenza di 3 fattori:
Esposizione solare ottimale: collina interamente esposta a Sud;
Ventilazione costante: che asciuga l'umidità, riducendo il rischio di malattie fungine;
Terreno argilloso: ricco di nutrimenti e drenante.
La combinazione di queste proprietà crea un microclima unico, un'oasi naturale per la coltivazione della vite. Ecco che qui le viti raggiungono età molto elevate e producono ogni anno uvaggi di qualità eccelsa.
Il Cartizze è prodotto in numero davvero limitatissimo: solo 1,2 milioni di bottiglie l'anno. Per fare un paragone, lo Champagne produce annualmente circa 300 milioni di bottiglie.
Le uve raccolte entro i confini di Cartizze devono essere vinificate solo all'interno del comune di Valdobbiadene.